Iran: la prima condanna dopo le proteste

14/11/2022

La situazione in Iran continua ad essere molto agitata dopo la morte della ventenne Mahsa Amini, arrestata perché non aveva indossato il velo nel modo corretto. Dopo le continue manifestazioni di protesta e le indagini su circa 800 persone che si sono presentate in piazza, è arrivata la prima condanna a morte da parte del governo iraniano. 

polizia

Da oltre un mese non si placano le proteste in seguito alla morte della 22enne Mahsa Amini, arrestata dalle autorità iraniane il 13 settembre scorso perché non indossava il velo in modo corretto, e deceduta poco dopo. La ragazza è diventata presto un simbolo della resistenza contro le imposizioni del governo iraniano e le proteste in piazza sono state sempre più frequenti.

Dopo le continue manifestazioni, sono stati messi sotto processo circa 800 manifestanti, mentre oltre 100 ragazzi giovani sono state rilasciati dalle autorità in seguito alla promessa di non partecipare più ai disordini in piazza. La notizia delle ultime ore, però, riguarda il primo provvedimento ufficiale contro una persona che ha preso parte alle proteste: è la prima pena di morte comminata dalle autorità.

Iran: la prima pena di morte

I capi di accusa nei confronti delle 800 persone sono “raduno e cospirazione contro la sicurezza del Paese, propaganda contro il regime, disturbo dell’ordine pubblico, sommossa, incitamento all’omicidio, ferimento di agenti di sicurezza e danneggiamento di proprietà private”. Dopo il fermo, ecco arrivare i primi provvedimenti definiti, con la condanna da 5 a 10 anni di detenzione per cinque persone, che potranno comunque ricorrere in appello.

Il verdetto che fa discutere, invece, è quello che riguarda la prima pena di morte: non è stata rivelata l’identità della persona che verrà condannata a morte, ma è stato comunicato solo il motivo. Secondo quanto riportato, la pena di morte è stata inflitta per “aver appiccato il fuoco a un edificio governativo, turbato l’ordine pubblico, per essersi riunito e aver cospirato per commettere un crimine contro la sicurezza nazionale”.