Gli stipendi valgono sempre meno: dati allarmanti

Il divario tra i prezzi e i salari è aumentato nel Bel Paese, raggiungendo nel 2022 un punteggio “da record”. A comunicarlo l’ISTAT, con i dati raccolti lo scorso anno e le misurazioni dell’IPCA.

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Un divario da anni in crescita quello tra prezzi e salari in Italia, che è arrivato a toccare punteggi da record. Era dal 2001 che non si riscontrava una simile differenza tra il costo della vita, beni, prodotti e le retribuzioni medie.

Una rivelazione appena giunta dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) mette in evidenza la crescita del divario tra la dinamica dei prezzi e quella delle retribuzioni contrattuali, che comunque era “prevedibile”, visto come già i dati che riguardavano il primo semestre del 2022 non facevano ben sperare.

L’Istat aveva infatti messo in evidenza il problema di una crescita diseguale tra prezzi e retribuzione dei lavoratori. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-giugno 2022 era infatti cresciuta dello 0,8% rispetto allo stesso lasso di tempo del 2021. Poi però la fiducia dei consumatori è crollata ai minimi poco dopo, a luglio dello stesso anno.

Il divario tra prezzi e salari nel primo periodo dello scorso anno era arrivato a toccare i quasi sei punti percentuali, mentre ora, stando ai nuovi dati diffusi dall’ISTAT, il punteggio ha ben superato i sei punti.

Divario “da record”: non accadeva dal 2001

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Già dallo scorso anno come si è detto, l’ISTAT aveva calcolato la crescita del divario tra tra prezzi e stipendi che, aveva spiegato l’Istituto Nazionale di Statistica in una nota:

Complessivamente la dinamica retributiva risulta moderata seppur in aumento rispetto al periodo precedente.

Ora i nuovo calcoli dell’ISTAT sottolineano una crescita ancora più alta del divario tra prezzi e retribuzioni, sottolineando come il nuovo valore riscontrato sia il più elevato dal 2001 (ovvero il primo anno di diffusione dell’indicatore dei prezzi armonizzato a livello europeo, perché prima il valore massimo era stato raggiunto nel 2012 ed era pari a 1,8 punti percentuali).

Il punteggio rilevato dall’ISTAT e che riguarda il divario tra la dinamica dei prezzi che è misurata dall’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea) e quella delle retribuzioni contrattuali è salito a 7,6 punti percentuali.