Se PIL non sale le pensioni si ridurranno del 20%

Pensioni_Inps

Se il PIL italiano non riprende a crescere c’è un alto rischio che le pensioni subiscano una riduzione del 20%. E’ quanto emerge da un dossier dell’Inps, nel quale si legge una nota dell’ex coordinatore generale del servizio statistico attuariale dell’Istituto di previdenza sociale, Antonietta Mundo:

Se le stime del Mef (ministero dell’economia e delle finanze, ndr) fossero verificate sarebbe la prima volta che i contributi versati, anziché rivalutarsi, subiscono un decrementO

Il quotidiano Il Messaggero, che ha visionato il dossier, spiega che “il documento, ha creato qualche apprensione già al governo precedente”. Il decremento sarebbe dovuto al fatto che il “tasso di interesse pagato dall’Inps è pari alla crescita media del Pil nominale nei cinque anni precedenti”, di conseguenza se il PIL non cresce, le pensioni calano.

Il Pil nominale è, spiega Andrea Bassi del Messaggero, “la somma tra il Pil reale e l’inflazione”. Quindi “se l’azienda Italia marcia e c’è anche un po’ di inflazione, le pensioni pubbliche saranno soddisfacenti”. Il problema è che il PIL si contrae e i prezzi calano, e i contributi da versare all’INPS diminuiscono: “È come se si portassero 1.000 euro in banca e l’anno dopo se ne trovassero sul conto 990”, scrive Bassi, che fa un esempio:

“Per capire quanto sia serio il problema basta prendere l’esempio riportato nel documento. Nel 1997 il tasso di rivalutazione dei contributi è stato del 5,5871 per cento. Nel 2012 si è scesi all’1,1344 per cento. Nel 2014, spiega il dossier, «si avrà un tasso di capitalizzazione di segno negativo stimato pari a -0,024 per cento». Per la prima volta, insomma, 1.000 euro messi da parte all’Inps per la pensione varranno 999,9 euro. E sarà, come detto, la prima volta in assoluto da quando esiste il sistema contributivo”.

Ed ecco come variano le pensioni al variare del PIL:

“Se il Pil aumentasse in media del 2 per cento l’anno, il trentenne lavoratore dipendente quando a circa 67 anni lascerà il lavoro, incasserebbe una pensione pubblica pari al 71 per cento della sua ultima retribuzione. Ma se la crescita del Pil fosse «zero», quella stessa pensione non supererebbe il 49 per cento dell’ultimo stipendio”